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MIBA SI CONFERMA COME IL NUOVO HUB INTERNAZIONALE PER IL SETTORE DEL BUILDING

Vincente la sinergia tra settori affini, che ha offerto una visione integrata e innovativa delle soluzioni per affrontare la transizione energetica e digitale di edifici e città.

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Iucci (anie sicurezza): nuove opportunità per la security
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L’emergenza Covid19 ha travolto come uno tsunami ogni comparto produttivo ed economico. Cosa è successo nel settore security? In quali condizioni si trovava il mercato prima della pandemia e qual è la situazione attuale? Ne abbiamo parlato con Giulio Iucci, Presidente Anie Sicurezza.

Presidente, in quale situazione il mercato di trovava prima dell’urgenza? Può darci qualche dettaglio sul consuntivo 2019?

Il 2019 si è chiuso con un 4% circa di crescita, con un trend inferiore all’anno precedente, che aveva chiuso con un +7%. Ma per dare una lettura corretta dobbiamo scomporre i risultati del primo semestre, decisamente positivi, da quelli del secondo, che ha visto i differenti comparti in leggera frenata. Insomma, la flessione nel mercato security era cominciata già pre Covid, anche se in termini annuali il comparto ha registrato un dato positivo.

A livello di singoli settori, la videosorveglianza ha avuto la performance migliore con un + 7%; l’antincendio ho avuto una crescita pari al 2,1%;  il controllo accessi si è attestato sul +1%, mentre hanno invece subito una sostanziale stasi nel secondo semestre, l’antintrusione e la building automation che si sono attestate intorno al +0,3/0,4%.

Sono dati che danno una visione generale dello scenario, ma dobbiamo anche considerare quegli ambiti che non figurano nelle nostre indagini, cioè la cybersecurity e la protezione dei dati, che continuano ad avere trend positivi. Importante tanto quanto i numeri è infine  analizzare le tendenze che il mercato continua a mostrare. Ne parlo da più di due anni, ma la convergenza digitale è ormai un dato di fatto, un vero driver per il settore. I sistemi integrati tra ambiti limitrofi sono ormai sempre più diffusi e la contaminazione è un fattore positivo da cavalcare. Riguardo all’export devo purtroppo segnalare una leggera perdita, da attribuire in parte alla Brexit.

 

Quali impatti ha avuto il lock-down sul settore?

Dobbiamo ammettere che l’emergenza Covid ha avuto sul mondo della sicurezza un impatto meno devastante che su tanti altri.

Ritengo si possano dividere i settori in due tipologie: quelli in cui una fetta importante di fatturato purtroppo è andata persa e quelli in cui non si può parlare di perdita, ma di blocco, e la security è, per nostra fortuna, tra questi. Semplificando, un ristoratore che non ha visto clienti per due mesi, non potrà recuperare tutto quello che ha perso durante la chiusura, mentre un cantiere che si è fermato per la pandemia ora è ripartito e la vera sfida è recuperare il tempo perso.

Di sicuro la situazione non è a impatto zero, perché la ripresa stessa prevede una serie di problemi anche per chi, come noi, sta riprendendo. Prima di tutto il problema logistico, perché gestire le risorse e il personale per far ripartire tutto insieme quello che è restato bloccato non è semplice. La seconda problematica è legata alla natura stessa dell’attuale situazione economica, dove tutto è interconnesso. Per quanto la crisi possa avere in parte risparmiato le nostre aziende, in alcuni casi non ha risparmiato i loro clienti, per cui bisogna fare i conti con un effetto domino non certo indolore. Infine bisogna fare i conti con il sentiment generale. Sempre più si sente parlare di emergenza liquidità. Ma il problema vero non è tanto la liquidità, ma la necessità di un’iniezione di fiducia, di una visione del futuro che riporti tutti a spendere con serenità. Perché se la liquidità verrà distribuita con incentivi governativi, ma continuerà la paura dell’ignoto, è molto difficile che venga reinvestita.

 

 

Cosa si augura per il futuro del mercato?

Il mondo della security da questa emergenza, se si muoverà nella maniera corretta e lo farà nel più tempo breve tempo possibile, potrà cogliere anche un’opportunità. Avrete notato come per la prima volta durante i telegiornali siano emersi praticamente quotidianamente temi come la gestione della crisi, le procedure di intervento, la resilienza, i piani di prevenzione. Sono concetti con cui il mondo della sicurezza ha a che fare tutti i giorni, ma che spesso tutti gli altri settori trascurano, per paura dei costi che possono comportare. Da qui nasce la l’opportunità per i professionisti del nostro mondo, che possono diventare veri e propri interlocutori di riferimento di tutti i comparti produttivi ed economici, in una logica che diventa win-win. Se è vero che le tecnologie di sicurezza sono diventate abilitanti durante l’emergenza, è altrettanto vero che esse stesse sono state abilitate dall’emergenza. Si tratta infatti di soluzioni che esistevano già a livello ingegneristico – basti pensare ai termoscanner o ai sistemi di gestione dei flussi - ma che in un certo qual modo sono state sdoganate, anche in ottica di GDPR, dall’attuale situazione. La capacità dei produttori di comunicare le tecnologie esistenti e soprattutto di customizzarle per rispondere all’emergenza può rappresentare una importante opportunità di business importante.

L’altra opportunità nasce invece dal fatto che finalmente si comincia a pensare che, per quanto la sicurezza sia un costo, la “non sicurezza” può comportare un costo maggiore. Insomma, c’è l’opportunità di fare un salto culturale. Mettersi in sicurezza quando c’è l’urgenza comporta infatti una perdita di tempo e la necessità di focalizzarsi sulle cose più urgenti, trascurando quelle che magari sono le più importanti. Questa emergenza probabilmente ci ha fatto capire quanto sia fondamentale avere a disposizione un piano di azione globale che tenga conto dell’eventuale rischio e preveda una serie di protocolli di azione. Oggi questa visione finalmente c’è, ma purtroppo ci siamo arrivati dopo esserci fatti male. Quello che mi auguro è che i criteri del risk assessment diventino un modo di pensare comune. Come facciamo ogni volta che un’azienda si rivolge a noi per chiedere una consulenza, dovremmo fare un’analisi di cosa vogliamo proteggere, capire chi è l’offender e analizzare il contesto. Con questi tre semplici princìpi si può procedere a definire un piano efficace di intervento-contenimento-ripristino. Se faremo questo balzo culturale, la propensione a investire in sicurezza potrebbe finalmente modificarsi in positivo.